Gipsi Yoga Style #13. Il mio primo panchakarma.


Il mio primo Panchakarma
(14-22 Marzo 2015)
“Il nostro scopo ultimo nella vita è la purificazione.”
Swami Joythimayananda.

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[english translation at the bottom of the post]

Il primo Panchakarma non si scorda mai e dopo una settimana di profonda purificazione corporea mi sento provata ma anche rinata!
Il Panchakarma consiste in cinque azioni purificatorie secondo i principi dell’Ayurveda, l’antica medicina indiana o scienza di vita. E’ una pratica molto popolare in Occidente, grazie ai suoi conclamati effetti ringiovanenti, tanto che è diventata una vera e propria moda nei circoli yogici annunciare “vado a fare il Panchakarma in Kerala”.
La mia prima raccomandazione è di documentarsi sulla serietà degli operatori: nei miei viaggi in India ho visto centri di dubbia reputazione rifilare trattamenti ayurvedici di ogni genere! Inoltre so che molti vorrebbero sottoporsi a questa pratica ma, sentendo le famigerate parole “vomito” e “purga” (giustamente) esitano, ponderano, o indietreggiano!

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Andiamo quindi a vedere una ad una queste pratiche, attraverso la mia esperienza personale, sperando di poter chiarire alcuni punti e soprattutto di rassicurarvi!
Senza andare troppo lontano, per il mio Panchakarma ho scelto l’Ashram Joytinat di Corinaldo nelle Marche  dove studio Yoga & Ayurveda sotto la guida del Maestro Swami Joythimayananda da ormai due anni.
Ogni giornata del mio Panchakarma è stata dedicata ad una pratica principale, abbinata a massaggi, yoga, pranayama e meditazione.
Ogni pratica mira a ripulire i Dosha (le tre costituzioni ayurvediche Pitta, Vata e Kapa) e le quattro cavità (pelvica, addominale, toracica e cranica) dove risiedono i chakra.
– Il trattamento è iniziato con la pratica del Basti: enteroclismi a base di un decotto di erbe (triphala) per ripulire la cavità pelvica, sede dei primi due chakra, e per riequilibrare il Dosha Vata (qualità associata all’aria e all’instabilità).
Gli enteroclismi sono abbinati a massaggi energici e drenanti eseguiti a quattro mani per smuovere le tossine.
Ho tollerato bene queste prime due pratiche, anche se ho sofferto di un persistente mal di testa, segno di un processo di disintossicazione profonda.

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– Al terzo giorno è arrivata la famigerata purga somministrata con un decotto dall’odore rivoltante. Armata di coraggio e sostenuta dai mantra del Maestro l’ho ingurgitato tutto d’un sorso e ho proseguito bevendo ogni venti minuti acqua calda ed aglio per purificare la cavità addominale e pacificare Pitta (associato all’elemento fuoco). La purga ha avuto un effetto profondo… e non aggiungo altro!
Alla fine della giornata ero spossata dai crampi e dalla nausea, ma mi sentivo anche leggera, pura e libera.
– Il quarto giorno era per me il più temuto perché prevedeva il vomito controllato per ripulire lo stomaco e ridurre l’eccesso di Kapa (qualità associata all’elemento Terra, alla pesantezza e alla stagnazione).
Il corpo era stato ben preparato nei giorni precedenti e lo stomaco era ormai vuoto, quindi bevendo dieci bicchieri di decotto ho stimolato il vomito naturale.
Trangugiare quei beveroni e lo sforzo finale di vomitare la bile, per ripulire a fondo lo stomaco, sono state le pratiche più faticose ma ne è davvero valsa la pena perché mi ha provocato un grande benessere e un profondo senso di libertà e serenità.
Insieme alla bile penso di aver buttato fuori anche buona parte del mio karma ed è proprio questo il senso del vomito controllato: lasciare andare completamente il passato.

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– L’ultima pratica è stata quella di Siro Virechana, una polvere a base di erbe sparata nel naso, che è servita a liberare le vie respiratorie e la cavità cranica. Guardando le reazioni dei miei compagni devo ammettere che, prima di stendermi a terra, ero semplicemente terrorizzata! Così ho fatto un bel respiro e ho provato ad affidarmi completamente all’esperienza, alla saggezza e alla tranquillità del Maestro.
Ammetto che la reazione è stata forte perché la polvere è pungente e agisce a fondo ma, passato un primo momento di pizzicore, le vie respiratorie si liberano e la sensazione è bellissima.
Dopo queste pratiche così impegnative mi sono sottoposta ad alcuni trattamenti rilassanti: uno scrub, una sauna, uno Shirodara (olio caldo colato sulla fronte) e un meraviglioso massaggio rilassante con olio di fiori di loto.

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– Panchakarma ed alimentazione.
Naturalmente l’alimentazione ha avuto un ruolo fondamentale nella mia pratica e durante la settimana ho assunto solo cibi purificanti a base di riso bianco, soia verde decorticata (kitchadi), ghee gruta (burro chiarificato medicato) e verdure acquose (tipo zucchine, zucca e bietole), bevendo durante la giornata grandi quantità di tisane calde.

Anche la dieta post-panchakarma è stata essenziale per la buona riuscita del trattamento: l’alimentazione deve essere bilanciata nel gusto, nei nutrienti e nei Cinque Elementi; deve nutrire i tessuti e mantenere i canali energetici puliti, rispettando la costituzione, le attività giornaliere, il clima e il Paese di origine.

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La quantità, l’orario e le tecniche di preparazione sono altrettanto importanti. In generale bisognerebbe mangiare solo una o due volte al giorno, poco e lentamente per assorbire meglio i cibi. Per pigrizia, golosità o apatia invece cediamo spesso alla fame psicologica e il corpo perde la sua intelligenza, immagazzinando il cibo come tossine.
Secondo l’Ayurveda il cibo va sempre cotto per essere più digeribile, ma bisogna imparare a cuocerlo senza rovinare i principi nutritivi: il modo migliore per cucinare le verdure è quello di utilizzare un soffritto di ghee gruta e masala. 
Ricordatevi sempre che mangiare è un rito sacro perché non si mangia per piacere ma per dovere, con gioia e pensieri puri per creare Prana (ovvero energia vitale)!

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First Panchakarma is hard to forget and after a week of deep bodily purification I feel worn out but renewed!
Panchakarma includes five purifying actions according to the principles of Ayurveda, the ancient Indian medicine or science of life. It’s a very popular practice in the West due its proved rejuvenating effects, and it has become a real trend amongst the yogic community to say “I am off to Kerala for a Panchakarma”.
My first recommendation is to research therapist’s professional reliability. During my trips to India I have come across dubious centres foisting all sorts of ayurvedic treatments!
Moreover, I am well aware that many people would like to undergo this treatment but, when they hear the word vomit or purgative practice, they (rightly) hesitate or chicken out. So, let’s take a closer look at these practices through my personal experience to clarify them and, I hope, reassure you!
Without travelling too far, for my Panchakarma I chose Joytinat Ashram in Corinaldo, in Le Marche region, where I have been studying Yoga & Ayurveda for the last two years under the guidance of Swami Joythimayananda.

Every day a main treatment was scheduled together with massage, yoga, pranayama and meditation. Each treatment aimed to clear my Doshas (or the three body types according to Ayurveda: Pitta, Vata and Kapa) and the four cavities (pelvic, abdominal, thoracic and cranial) where chakras (or wheels of energy) reside.
– The treatment started with the practice of Basti, i.e. enema based on a herbal decoction (called triphala) to clean up the pelvic cavity, home to the first two chakras, and rebalance Vata Dosha (quality associated with air and instability). Enemas where combined with four-hand energetic and draining massages to move toxins around. I reacted quite well to those two first practices even though I ended up with a persistent headache, sign of a deep detox process.
– On the third day we went through a purgative treatment by drinking a revolting herbal-based beverage. Supported by my guru’s encouraging mantras, I gained courage and swallowed the drink down all in one go. I continued drinking warm water with garlic for the whole morning to purify the abdominal cavity and pacify Pitta (associated to fire element).
This practice had a deep effect… And I don’t add any more detail to it! At the end of the day I felt exhausted by nausea and cramps, but light, pure and free.

– The fourth day, the most dreaded one, involved controlled vomit to clean the stomach up and reduce the excess of Kapa (quality associated to the earth element, heaviness and stagnation). My body had been prepared in the previous days, and my stomach completely empty. A beverage and ten glasses of herbal tea triggered a natural and effortless vomit.
Gulping down those liquids and the final effort to throw up bile have been the toughest practices, but they proved to be worthwhile. The effects were of great wellbeing, freedom and serenity. Together with my bile, I threw up a good part of my karma. This is the sense of controlled vomit: to let go of the past.

– The practice of Siro Virechana, a herbal based powder shot into the nostrils, helped free up breathing channels and cranial cavity.
Looking at my mates’ reactions to this practice, I was simply terrified. I took a deep breath and I completely trusted my guru’s experience, wisdom and tranquillity. The reaction was hard as the powder is pungent and has a deep action. After a moment of irritation, my breathing channels felt free – a sensation of great openness, freedom and lightness.

Finally my body received a scrub, a sauna, a Shirodara (warm oil poured on the forehead) and a beautiful relaxing massage with lotus flower oil.

– Panchakarma and Nutrition:
Nutrition was a very important part of Panchakarma.
During the week I only consumed purifying food based on white rice and hulled green soy (kitchadi), ghee gruta (clarified butter with herbs) and watery vegetables such as courgettes, pumpkin and chard, and I drank litres of warm herbal teas.

– Post-Panchakarma diet was vital for the success of the treatment. Food has to be balanced in taste, nutrients and elements. It must nourish tissues and keep the energy channels clean. It need respect body type, daily activities, climate and country of origin.
Quantity, time and preparation are also important. Generally speaking, one should only eat once or twice a day. By eating little and slowly, food gets better absorbed. When we surrender to psychological hunger, often caused by laziness, apathy and gluttony, our body loses its intelligence and stores food as toxins.

Food must be cooked to be digestible, but it’s important to learn how to cook it. It must get in contact with fire element through cooking or spices, then a stir-fry with ghee gruta and masala is a perfect cooking method. 
In conclusion, it is not only important what we eat, but also how we prepare food and the energies we put into cooking and eating.
You must remember that Eating is a sacred ritual: we don’t eat for pleasure but as a duty, with joy and pure thoughts to create Prana (vital energy)!

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Urban Gipsi Yoga

Informazioni su Urban Gipsi Yoga

Dopo dieci anni di lavoro in editoria a Londra,Silvia decide di cambiare vita, di abbandonare la città per la campagna, e di dedicarsi a tempo pieno alla sua passione più grande: lo yoga.  Ama smodatamente i libri, il suo gatto Gilbert, l'India, e l'arte in tutte le sue forme (non necessariamente in quest'ordine!).  Vive a Fabriano (AN) dove insegna yoga, tiene seminari a tema, e organizza eventi yogici. Collabora con diverse testate editoriali e sta scrivendo un libro per bambini per rimanere in contatto con la creatività, lo spirito e lo stupore bambineschi.  Urban Gipsi Yoga cura la rubrica "Gipsi Yoga Style", parlando di natural lifestyle.

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