My Wine Travels. La Tenuta Monteverro.


photo by Leif Carlsson

ph. Leif Carlsson

Arrivando alla Tenuta Monteverro troviamo ad accoglierci una fontana con la replica del verro della Loggia del Porcellino di Firenze: il verro è il maschio del cinghiale, che è un po’ il simbolo della Maremma e che ha dato il nome a queste colline argillose, dove le viti si contendono il terreno con ulivi e macchia e dove anche nelle giornate più calde spira una fresca brezza salmastra che mitiga il clima e regala ai vini inconfondibili profumi mediterranei.
La mia visita in compagnia di Silvia Marchetto ed Andreas Comploj inizia proprio dai vigneti, che attraversiamo fino a raggiungere un pergolato panoramico da dove lo sguardo può spaziare fino al mare: la cornice ideale per assaggiare il nostro primo vino, un Vermentino sapido e croccante, con sentori di fiori bianchi e di pera.
Le viti, mi racconta Silvia, sono piante pigre che tendono a rendersi la vita facile e quindi non vanno coccolate troppo; bisogna stimolarle ad entrare in competizione tra loro, a spingere le radici in profondità attraverso più strati di terreno perché l’uva guadagni in mineralità  e complessità .
Anche l’acqua va usata con parsimonia, perché la vite impari ad essere autosufficiente, e a decidere se irrigare o meno è l’enologo dopo aver analizzato la linfa delle foglie alle 3.00 del mattino, quando la pianta è più in equilibrio.
Il lavoro che mi raccontano Silvia e Andreas è un lavoro complesso: non a caso si parla di “allevare” le viti piuttosto che di “coltivarle” e qui a Monteverro i vigneti si allevano amorevolmente, prendendosi cura non solo della pianta ma anche e soprattutto del terroir.
Ci sono i trattamenti a base di tisane di erbe, le siepi di piante autoctone piantate tra i vigneti per garantire la biodiversità , le lotte tra insetti utili ed insetti dannosi… Tutto un micro universo affascinante che si nasconde tra il grappolo e il calice.
Ma soprattutto c’è una grande storia d’amore: quella di Julia e Georg Weber per la Maremma, un amore che li ha spinti a scegliere questo angolo suggestivo di Toscana per realizzare il sogno di piantare un vigneto tutto loro e di dare vita a un premier grand cru toscano di grande pregio.
Qualche numero: 50 ettari di cui 30 vitati, 120.000 bottiglie e sei vini in totale, tutti caratterizzati da grande eleganza.
Ma per capire cosa significa fare vino qui a Monteverro dobbiamo scendere in cantina dove, tra tini troncoconici e barriques, Silvia e Andreas mi raccontano la vendemmia, che è fatta rigorosamente a mano, in cassette da 5 kg.
Se è vero che la vite non va coccolata troppo discorso diverso va fatto per i grappoli che sono oggetto di ben tre selezioni (la prima in vigna ed altre due al tavolo di selezione in cantina), prima di essere affidati alla deraspatrice.
Le singole parcelle di vigneto vengono vendemmiate separatamente e anche la vinificazione è separata, rigorosamente senza lieviti aggiunti, con poca filtrazione e senza chiarificazione.
In cantina c’è perfino un tunnel del freddo dove i grappoli che non possono essere selezionati subito vengono abbattuti ad una temperatura di 5 gradi.
I tini troncoconici elevati sfruttano la forza di gravità e la fermentazione si prende i suoi tempi, terminando a volte in Inverno inoltrato.
Anche per l’affinamento nessuna fretta: tutti i vini, a parte il Vermentino, fanno un passaggio in barriques per poi affinare fino a dieci mesi in bottiglia.
Tecnologia all’avanguardia, grande cura riservata ad ogni fase della produzione e un team tecnico di tutto rispetto con l’enologo Matthieu Taunay e la consulenza enologica di Michel Rolland e di Jean Hoefliger: questa è la ricetta della Cantina Monteverro per trasformare un vino in un’esperienza indimenticabile.
La sala degustazione ha una grande vetrata panoramica affacciata sulla barricaia e una porta finestra aperta su un giardino che profuma di mediterraneo: siamo in piena golden hour, il cielo inizia ad impallidire e una luce soffusa illumina d’oro i vigneti.
La Maremma è così, tutto trama per fartene innamorare, e i vini di Monteverro rispecchiano meravigliosamente il terroir che ha dato loro i natali.
Come il Tinata, che prende dalla macchia mediterranea contigua ai vigneti le note balsamiche, o lo Chardonnay, che deve alla vicinanza con il mare e all’escursione termica i suoi profumi inconfondibili.
O come il Monteverro, una cuvée di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Petit Verdot prodotto in quantità limitata con le uve delle migliori parcelle che digradano verso il mare: il vino icona della Cantina che ha trasformato in realtà  il sogno di Julia e Georg di produrre in Toscana un premier grand cru dal carattere inconfondibile.

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05_monteverro_Leif Carlsson for Monteverro

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06_monteverro Hoefliger-Rolland-Weber-Taunay - © Leif Carlsson for Monteverro

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09_monteverro Giacomo Fè for Monteverro

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Monteverro III

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Miss Bailing

Informazioni su Miss Bailing

Gypsetter, sognatrice, viaggiatrice entusiasta ed instancabile. La mia passione più grande sono i cavalli e il mio tesoro è Sero, un sauro di 30 anni con cui ho condiviso buona parte della mia esistenza. Come Emma Bovary anche io oscillo perennemente tra il mio lato mistico (che vorrebbe ritirarsi a meditare in un ashram indiano) e quello bohémien, il cui sogno nel cassetto è una chambre de bonne nel Marais.

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