Un anno e mezzo fa (era dicembre e stavo cenando in una guesthouse di un minuscolo paesino minerario sperduto tra le montagne del Kyrgyzistan, insieme al Signor G. e ad una guida locale) mi è stato chiesto “Come scegli le destinazioni dei tuoi viaggi? Punti un dito a caso su un mappamondo?”.
Ebbene sì, a volte il mio processo decisionale è davvero simile ad un dito sul mappamondo ma il mio mappamondo è Google Flights e il dito è la funzione “Ovunque”.
Avete mai provato? E’ molto semplice: inserite le date in cui volete viaggiare e l’aeroporto di partenza, scegliete come destinazione “Ovunque” e davanti ai vostri occhi si aprirà un mondo intero di possibilità!
Il nostro viaggio in Senegal e Gambia è nato proprio così, da un volo con destinazione Banjul che ha attirato la mia attenzione sulla mappa di Google Flights, anche se poi, in realtà, niente è andato come avevamo programmato!

♥ Il volo.
Se ad attirare la mia attenzione era stato un volo Royal Air Maroc da Fiumicino a Banjul via Casablanca, alla fine a stravolgere tutti i nostri piani è arrivata ITA Airways che lo scorso autunno ha inserito un volo diretto da Roma a Dakar con il suo nuovissimo A321 Neo.
Per due aviation geeks come noi la tentazione di provare l’innovativo layout 1-1 con sedili fully flat su un aereo a fusoliera stretta è stata più forte di tutto, anche del prezzo (decisamente alto) e della nostra filosofia per cui “sotto le 5 ore di volo va bene tutto, anche una low cost“.
Non ce ne pentiamo: l’esperienza in Business Class con ITA Airways sul medio raggio è stata assolutamente positiva a partire dalla lounge (non la bellissima Hangar Lounge che avevamo già sperimentato due volte, volando su Parigi e Amsterdam, ma quella riservata ai voli extra-Schengen, che è sicuramente meno bella da un punto di vista stilistico ma che serve delle pizze di una bontà commovente!) fino ai menù di bordo e alla comodità delle poltrone letto.
Ancora non sapevamo che quei due voli (rispettivamente di 5 ore e 20 minuti all’andata e 4 ore e 50 minuti al ritorno) sarebbero stati l’unico momento di comfort di un’avventura tragicomica che tra l’altro è stata anche la nostra “pre-Luna-di-Miele” (sì, perché io e il Signor G. siamo tornati da Dakar il 2 Gennaio e ci siamo sposati con rito civile il 3, ma questa è un’altra storia!)
♥ Il piano originale.
L’itinerario iniziale era ambizioso quanto strampalato e mi avrebbe fatto raggiungere l’agognata meta di 3 nuovi Paesi in due settimane.
Dopo aver passato ore studiando Google Map e Rome2Rio, leggendo vari blog di viaggio, chiamando Ambasciate ed Uffici Consolari e messaggiando via WhatsApp con quattro o cinque hotel tra il Senegal e il Gambia avevo deciso di procedere in questo modo: avremmo raggiunto Kafountine in autobus da Dakar (attraversando così il Gambia che è una strisciolina di terra che taglia in due il Senegal), dopo qualche giorno avremmo proseguito verso Sud fino alla Guinea Bissau (appena 253 km per raggiungere la capitale!), per andare poi alla scoperta delle Bijagos, un arcipelago di 88 isole con infrastrutture alberghiere non particolarmente invitanti e raggiungibili solo via mare.
Avevo anche risolto il problema del visto per la Guinea Bissau, scoprendo con somma delizia che avrei potuto richiederlo a Ziguinchor (l’ultima città senegalese prima del confine), evitando così di sobbarcarmi la seccatura di andare in Ambasciata a Roma.
Nel corso delle settimane però il sogno di trascorrere il Natale alle Bijagos è lentamente sfumato per un motivo molto prosaico e banale: nessuno dei 2 o 3 alberghi decenti dell’arcipelago era prenotabile attraverso una qualsiasi piattaforma online e nessuno si degnava di rispondere alle numerose email con cui chiedevo se avessero disponibilità nelle mie date.
Insieme alle Bijagos alla fine è sfumata l’intera Guinea Bissau, perché sobbarcarsi 500 km tra andata e ritorno solo per visitare la decadente capitale non mi sembrava un progetto così invitante.
♥ Il piano B.
Naturalmente nel giro di pochi giorni avevo già elaborato un piano B, mantenendo l’idea di spingermi fino a Kafountine (mi ero innamorata di Natur Ubuntu, un eco-resort sulla spiaggia, spartano ma in un certo qual modo romantico) ed inserendo come nuove destinazioni il Delta del Sine-Saloum e Saint-Louis du Senegal, l’antica capitale della Françafrique, dove aveva vissuto e prestato servizio come pilota per l’Aéropostale lo scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry (chi di noi non ha amato il suo Piccolo Principe?!?).
Il Gambia (che ai miei occhi non aveva particolari attrattive a parte le spiagge) lo avremmo solo attraversato per due volte, fermandoci a visitare Banjul durante il viaggio di ritorno, che avevo già organizzato con un minimo di comfort procurandomi un driver.
Certo, avremmo anche potuto prendere in considerazione l’idea di noleggiare un auto, piuttosto che affidarci ai trasporti locali, ma avevamo molti giorni a disposizione ed io mi sentivo assolutamente fiduciosa: insomma, cosa mai sarebbe potuto andare storto?

♥ In autobus da Dakar a Banjul.
Quando siamo partiti per il Senegal non ero una neofita dei viaggi in autobus in Africa: avevo già viaggiato con i confortevoli e puntualissimi autobus di CTM Maroc tra Tangeri, Chefchaouen e Tetouan e l’esperienza era stata davvero positiva.
Ma avevo trascurato un piccolissimo particolare: la differenza abissale che c’è tra il Marocco e l’Africa subsahariana!
Secondo Rome2Rio (che mi ostino ad utilizzare nonostante si sia rivelato spesso totalmente inaffidabile!) avrei potuto raggiungere Banjul da Dakar in 5 ore, con un autobus diretto che avrebbe attraversato il border tra Senegal e Gambia, sarebbe salito sul traghetto che collega Barra a Banjul e ci avrebbe scaricati sani e salvi nella stazione degli autobus della capitale del Gambia a metà giornata; qui (secondo i miei piani) avremmo trovato senza grossi problemi un taxi, che ci avrebbe fatto raggiungere Kafountine prima di sera.
L’unico operatore a fornire questo servizio con una frequenza giornaliera all’epoca era Dem Dikk , che in teoria vende i biglietti online, ma in pratica accetta come unico mezzo di pagamento Orange Money. Lì per lì non mi sono preoccupata più di tanto e ho deciso che, appena arrivati a Dakar, saremmo andati di persona a comprare i nostri biglietti nella sede di Dem Dikk.
Indovinate come è andata a finire? Appena arrivati a Dakar abbiamo scoperto con orrore che l’autobus che avrebbe dovuto portarci a Banjul era pieno, non solo nella nostra data, ma anche nei due giorni successivi, a causa delle vacanze di Natale!
Alternative? “Facile: prendete un taxi, andate alla Gare Routière des Baux Maraîchers, prendete un sept-place direzione Banjul ed è fatta!” Questo in soldoni il consiglio della ragazza addetta alla reception del nostro albergo.
Ora per chi non lo sapesse il sept-place è una vecchia Peugeot 504 sgangherata con tre file di sedili che possono ospitare 7 persone oltre all’autista: un taxi collettivo che parte quando è pieno o quando tutti e 7 i posti sono stati acquistati.
Io ero già in un brodo di giuggiole perché adoro le avventure strampalate e quindi si è deciso che saremmo andati alla Gare Routière e che avremmo tentato la sorte.
Sorte che però aveva in serbo per noi qualcosa di diverso: infatti non eravamo neppure entrati nel parcheggio della stazione degli autobus che un procacciatore ci aveva già abbindolati con la promessa di una non meglio identificata “mini-car” tutta per noi a un prezzo ridicolmente basso, per poi caricarci armi e bagagli su un “bus diretto per Banjul”, sudicio e sgangherato ma miracolosamente vuoto.
Rassegnati a prenderla con filosofia siamo partiti dopo quasi un’ora di attesa, siamo rimasti imbottigliati nel traffico infernale di Dakar per un’altra oretta per poi filare via veloci lungo la N1 direzione Sud.
Veloci per un paio di km, fino a quando cioè qualcuno non ha bussato con forza sulla fiancata esterna dell’autobus, facendolo fermare: in quel momento abbiamo capito che il nostro “autobus diretto per Banjul” era in realtà un chicken bus (ovvero un mezzo senza fermate prestabilite, che carica su chiunque lungo la strada) e che quindi il nostro viaggio sarebbe stata una via crucis.
Le cose non filano mai lisce sulle strade africane ed ovviamente il nostro autobus sgangherato non poteva fare eccezione alla regola.
Così, dopo essersi trascinato verso sud per ore, con una lentezza estenuante e fermandosi continuamente per far salire venditori ambulanti e passeggeri carichi di ogni genere di carabattole, è stato vittima non di un banale pneumatico bucato ma di un passeggero sbadato.
Dopo aver trascorso quasi un’ora fermi su una piazzola all’ombra di un baobab ed aver chiesto informazioni a destra e a manca alla ricerca di qualcuno che parlasse qualche parola di francese, abbiamo infatti scoperto che il nostro chicken bus era bloccato nel mezzo del nulla a tempo indeterminato perché un passeggero era sceso dimenticandosi del suo bagaglio e che quindi il nostro autista aveva deciso di mollarci lì, per prendere un autobus nella direzione opposta e cercare di restituirlo.
Riuscite ad immaginare il nostro sconforto?!?
Comunque per farla breve: nel tardo pomeriggio siamo arrivati al border tra Senegal e Gambia e a quel punto ci sentivamo molto fiduciosi, perché pensavamo di esserci lasciati alle spalle la parte peggiore del viaggio; così, dopo aver esaurito in un’ora e mezza tutte le laboriosissime formalità doganali ed aver trovato con una certa difficoltà un taxi che ci portasse fino a Barra (vi dico solo che i vari autisti hanno iniziato a litigarsi le nostre valigie nel bel mezzo di un piazzale polveroso e poi a litigare con me, chiedendomi cifre esorbitanti per il tragitto), abbiamo raggiunto il porto a sera ormai inoltrata.
Qui, pigiati in mezzo a centinaia di senegalesi e gambiani con i loro carretti carichi di bambini, animali vivi e ceste di frutta e verdura, abbiamo atteso per quasi un’ora che la polizia aprisse i cancelli per accedere alla banchina e salire sul ferry.
Durante l’attesa, grazie ad un solerte ragazzotto che ci aveva approcciati per contrattare la corsa fino a Serrekunda (la spiaggia di Banjul, dove sorgono tutti gli hotel e i resort) avevamo già scoperto con costernazione che quella sera non saremmo arrivati a Kafountine, perché il secondo border che avremmo dovuto attraversare (quello tra il Gambia e il Sud del Senegal) aveva già chiuso i battenti fino al mattino successivo (ammetto colpevolmente che il dubbio che il border non fosse aperto H24 non mi aveva neppure sfiorata!).
In realtà a Kafountine non siamo mai arrivati perché, scioccati e stremati dal viaggio, abbiamo deciso di rinunciare al Sud del Senegal e di goderci il Natale ospiti del Luigi’s Complex, un residence a pochi metri dalla spiaggia con annessa pizzeria italiana, frequentato per lo più da anziane signore del Nord Europa e miracolosamente economico ed accogliente.
Ora se vi state chiedendo se il Gambia sia valso tutta la fatica fatta per raggiungerlo, la risposta è assolutamente no!
Purtroppo infatti questo Paese, che è uno dei più piccoli e poveri dell’Africa Occidentale, è afflitto dal triste fenomeno del turismo sessuale e quindi durante il nostro soggiorno, in quanto “turisti bianchi”, siamo stati automaticamente etichettati come potenziali clienti dai beach boys di Serrekunda (conosciuti anche con il nome di bumster nello slang locale) che sono riusciti a rendere spiacevole ogni minuto trascorso sulla spiaggia, mettendoci letteralmente in croce e seguendo come ombre ogni nostro passo per chilometri e chilometri,
Dopo due giorni eravamo così sfiniti da iniziare a fingere di non capire l’inglese e di provenire da un paese baltico, ma niente! L’unico risultato ottenuto è stato quello che tentassero di parlarci usando Google Translate!
Vi consiglio di guardare questo video per saperne di più su un fenomeno che ultimamente è cresciuto così tanto da preoccupare perfino il governo del Gambia, che è dovuto ricorrere a una campagna di comunicazione per scoraggiare le “grannies” europee a recarsi nel Paese a caccia di toy boys!
Dopo aver trascorso qualche giorno in Gambia abbiamo intrapreso il lungo viaggio di ritorno verso la parte nord del Senegal (stavolta con un driver!) per visitare il Delta del Sine Saloum e Saint Louis… ma questa è un’altra storia che vi racconterò prestissimo!




Carissima, mi hai fatto piangere dalle risate! Porelli voi, la situazione é stata tragicomica!
Io ho prenotato andata Dakar e ritorno Banjul per evitare di percorrere lo stesso tratto 2 volte. Pensavo di vedere il Senegal per primo e poi andare in Gambia. La storia del turismo sessule l’avevo giá sentita ma io vado una settimana in una farm a fare uno scambio lavoro quindi evito situazioni spiacevoli (spero). Il tutto é programmato per novembre.
Attendo con trepidazione il resto del racconto per poter evitare nel mio piano errori fatali!
Grazie di cuore
Un abbraccio
Nadia
😀 Sì, è stata un’esperienza davvero fantozziana!!! Ma l’abbiamo presa a ridere e alla fine ce la ricordiamo come una bella avventura!
Penso anche io che evitando le spiagge non avrai problemi, perché tutto il fulcro del turismo sessuale è concentrato lì!
E hai fatto benissimo a prenotare il ritorno in aereo da Banjul perché fare due volte quel tratto di strada è davvero sconfortante: figurati che, viaggiando con una macchina con targa del Gambia (visto che il driver che ci ha portato nel Delta era di Banjul), siamo stati fermati letteralmente ad OGNI posto di blocco in territorio Senegalese!
Per non parlare delle storie che ci hanno fatto al confine: hanno aperto tutte le valigie e frugato dappertutto alla ricerca di chissà cosa, con l’agente di polizia seccatissimo con me perché mi parlava in francese ed io rispondevo in inglese (non per cattiveria, ma perché ormai il mio francese è regredito ad un livello elementare!).
Insomma una brutta esperienza, con il nostro autista poraccio che sudava freddo per la paura che avessimo qualcosa di strano nei bagagli perché mi vedeva agitata, ma io in realtà cercavo solo di nascondere il drone!!! 😀
L’Africa è così, niente fila mai completamente liscio ma è parte del fascino di un Continente magico!
Un abbraccio cara Nadia!